Studiando lingue, si incontra a un certo punto la complessa forma verbale del “futuro nel passato”: l’AI Festival, quest’anno, ci ha fatto riflettere sul futuro… nel presente.
Dire che l’85% delle professioni che esisteranno nel 2030, oggi ancora non sono state inventate (lo dice Gartner, non io eh), è davvero parlare di dopodomani.
Dunque, gli eventi sull’intelligenza artificiale si stanno moltiplicando e, con essi, anche l’interesse e la consapevolezza sul tema. La ragione è semplice: l’AI non è più solo una questione di produttività aziendale o di ottimizzazione lavorativa, ma si intreccia profondamente con la nostra identità umana.
Il modo in cui interagiamo con la tecnologia sta evolvendo rapidamente e in modi che non avremmo mai immaginato solo qualche anno fa. La riflessione sull’intelligenza artificiale è diventata imprescindibile, non solo per gli ingegneri e gli esperti di IT, ma per tutti, in quanto ha un impatto diretto sul nostro futuro, sull’evoluzione della nostra specie e sulle nostre stesse capacità cognitive e creative.
Tendenze e novità che mi porto a casa da AI Festival
Ho ascoltato diversi speech, soprattutto in sala Content, e mi sono appuntata alcuni tips e consigli utili. Ve ne lascio tre:
- Si tende a pensare che AI generativa significhi principalmente generazione di contenuti testuali, ma è riduttivo: esplorare quelli multimediali, come video e immagini, è utile perché hanno fatto passi da gigante rispetto all’inizio. Questo è un tema molto interessante soprattutto per content creator e influencer, che si trovano oggi a fronteggiare nuove possibilità ma anche nuove sfide. La generazione automatica di immagini e video, infatti, non è una novità banale: se da una parte semplifica la vita dei creatori di contenuti, dall’altra porta con sé questioni legate alla qualità, all’autenticità e all’impatto che questi strumenti avranno sulla nostra percezione della realtà;
- Un altro punto degno di nota riguarda il fatto che, nonostante si sia parlato tanto di ChatGPT, gli altri strumenti e piattaforme – come Perplexity e Gemini – sono stati menzionati ma in misura minore. In un certo senso, vedere come si parla sempre di OpenAI quando si tratta di chatbot, mi ricorda il fatto che quando diciamo “motori di ricerca” tendenzialmente intendiamo Google. Mi è dispiaciuto, ad esempio, che pochi abbiano approfondito Notebook LM, uno strumento di cui, come sapete, sono fan;
- Terzo tema che mi ha colpito è quello della condivisione dei prompt. Pare che pochi utenti sfruttino la funzione di condivisione dei prompt, sebbene condividere e riutilizzare prompt efficaci è un grandissimo risparmio di tempo e un modo per migliorare la qualità dei risultati. Ammetto che anch’io, sebbene ne sia ben consapevole, non lo faccia abbastanza, ma mi riprometto di condividere di più in futuro. La condivisione della conoscenza è uno degli aspetti che può veramente fare la differenza nel modo in cui affrontiamo e utilizziamo l’AI.
Il mio speech: antropologia digitale, la necessità di chiederci chi siamo
Per me, la parte più sorprendente del Festival è stata la sala Ethics & Society.
Quando mi hanno invitato a parlare di questi temi, temevo che sarebbe stata una discussione per pochi addetti ai lavori, una nicchia per pochi appassionati e “nerd”. Invece, la sala è stata costantemente piena, con persone che hanno partecipato attivamente per tutta la giornata, al netto del mio personale intervento.
Questo è un segno che il tema dell’etica e la riflessione umanistica sull’AI non sono più un ambito da nerd, ma qualcosa di essenziale per tutti noi. Le questioni ontologiche che l’AI solleva, infatti, ci riguardano da vicino: come individui, come società, come specie. La crescente attenzione verso questi temi dimostra che non basta solo la tecnologia, intesa come campo d’azione di ingegneri, matematici e informatici, ma è necessario un approccio più ampio e umano, che include la filosofia, la psicologia, la cultura, l’antropologia. La tecnologia è uno strumento, ma siamo noi a determinarne il significato e l’impatto.