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A fine marzo ci ha lasciato Daniel Kahneman, il celebre psicologo e Nobel per l’economia che era riuscito a integrare i risultati della ricerca psicologica nelle scienze economiche – e anche nel marketing – soprattutto in merito al funzionamento del giudizio umano e alla teoria delle decisioni in condizioni d’incertezza. Aveva 90 anni… e chissà quante decisioni ha preso nella sua lunga vita, attraverso le sue intuizioni, il Sistema 1 e il Sistema 2.

Il nostro cervello è una macchina incredibile, capace di elaborare informazioni alla velocità della luce… e incartarsi su mille implicazioni differenti.

Come non fondere? Come non rimanere bloccati e immobili mentre valutiamo l’infinita quantità di possibilità d’azione a nostra disposizione? E tutte le loro successive interconnessioni, conseguenze, dipendenze reciproche?

Grazie al Sistema 1, ovviamente! Che non è poi così male, a dispetto di come viene dipinto alle volte, e grazie ai bias cognitivi, quegli shortcut di pensiero tanto dannosi a livello di massa quanto salvifici in una dimensione individuale. 

Ma andiamo con ordine. 

I Sistemi di Pensiero spiegati facile

Sistema 1 e Sistema 2, i due metodi che il nostro cervello usa per processare le informazioni in gioco, elaborarle e prendere decisioni.

Spieghiamoli facile, tornando nella vostra classe delle superiori.

Il Sistema 2 è il secchione, il nerd, quello del primo banco che ha sempre la testa sprofondata nel libro, e non vi fa nemmeno copiare. Per lui è tutto razionale, le sue decisioni le prende dopo aver valutato attentamente tutti i dati a sua disposizione, ogni elemento possibile dell’equazione nonché il corollario del contesto, per poi dare una risposta giusta, ponderata, misurata, non-emozionale.

Il Sistema 1 è quello che siede da metà classe in poi, non necessariamente all’ultimo banco. Non è che sia scemo o svogliato, no, è solo impulsivo e sa che alla fine se la cava anche studiando la situazione 10 minuti prima di essere interpellato. L’insegnante fa una domanda a bruciapelo? Lui risponde lì per lì, con quello che gli viene in mente sul momento, valutando solo per una frazione di secondo contesto e implicazioni. Non dice cose a caso, eh, sia chiaro: è coerente, ma rapido e decisamente superficiale. Però, alla fine, la sfanga sempre.

Se pensate a quella classe del liceo, al netto delle reminiscenze adolescenziali, pensate un po’ ai numeri, alla percentuale di secchioni votati a primeggiare a ogni costo e a quella di furbacchioni che tirano a campare.

Quanti ce n’erano, rispettivamente?

Molti più impulsivi, molti meno razionali, giusto?

Ed è così che si distribuisce anche la percentuale d’uso dei due sistemi nel nostro cervello: la maggior parte delle nostre decisioni quotidiane sono prese dal Sistema 1, quello superficiale e immediato. Perché? Per il semplice fatto che il “nocciolo” che ci guida da dentro al cranio è come un supercomputer con una serie di mansioni ininterrotte, dunque non può impegnarsi con tutte le sue forze in ogni singolo istante, su ogni minima questione, altrimenti rischia di fondere. Ha bisogno di attivarsi in modo ottimizzato, di lavorare il minimo possibile sulle piccole incombenze continue, per essere fresco e riposato quando si presenterà una criticità vera, una complessità da risolvere.

Se state cercando di risolvere una disequazione di secondo grado o di venire a capo della dichiarazione dei redditi, state usando il Sistema 2, quello metodico, razionale, analitico e matematico. O almeno, lo spero per voi, se no poi chi la sente l’Agenzia delle Entrate? Non potete andare a sentimento, non potete attivare il pilota automatico del Sistema 1.

Al contrario, se ricevete un’e-mail da uno dei vostri e-commerce preferiti e, dopo 3 minuti netti, siete al checkout del carrello con un nuovo paio di scarpe da corsa in consegna, beh… quello è puro Sistema 1

I bias cognitivi, scorciatoie per non “fondere”

I due sistemi di pensiero teorizzati da Kahneman, quindi, non sono uno buono e uno cattivo, uno giusto e uno sbagliato: sono complementari. Ci servono entrambi, per vivere e prendere decisioni ogni giorno, rimanendo sani di mente.

Potremmo dire che il Sistema 2 si basa su ciò che è oggettivo, mentre il Sistema 1 sulla soggettività, su un mondo percepito “come volontà e rappresentazione”, alla maniera di Schopenhauer.

Potremmo dire, quindi, che i bias cognitivi sono gli ingranaggi che fanno funzionare il Sistema 1: un bias è uno schema mentale, un pregiudizio o preconcetto, un pattern semplificato che il nostro cervello usa per interpretare la realtà velocemente, senza stare a soppesare mille opzioni e dettagli.

E non scuotete la testa, vi vedo, lo so che pensate: “No, no, io non ho nessun pregiudizio, il mio pensiero è libero e autonomo”. In realtà, è impossibile: nessuno di noi, nemmeno l’uomo più intelligente e consapevole del mondo, è del tutto privo di bias. Questi meccanismi di semplificazione della realtà ci vengono in aiuto quando il Sistema 1 sta lavorando, con la sua consueta rapidità e superficialità, efficiente nel prendere decisioni poco impegnative.

Certo, spesso ci fa prendere anche delle efficientissime cantonate, e c’è chi lo sa e i bias li sfrutta.

Vi faccio due esempi, uno di attualità legato al tema dell’informazione, l’altro dal mondo del marketing.

Le fake news di basano sui bias cognitivi

Le fake news sono il perfetto esempio di come funzionano i bias. Uno dei più noti è il confirmation bias o bias della conferma.

In pratica, io mi sto informando su un argomento che mi interessa, ma non voglio informarmi davvero. Voglio solo avere conferma che quello che penso è giusto perché, diamine… quello che penso è giusto!

Quindi, ad esempio, cercherò online delle fonti che parlino dell’argomento, ma persino la scelta dei termini di ricerca che digiterò su Google sarà “sporcata” e influenzata dal mio preconcetto. Di conseguenza, andrò ad ottenere come risultati della ricerca degli approfondimenti che ricalcano il mio pensiero e lo fomentano ancora di più.

Le fake news nascono dalla voglia delle persone di soddisfare l’idea di avere ragione, anche se non hanno alcuna competenza sull’argomento specifico.

Senza stare a scomodare questioni complesse e spinose come pandemie e geopolitica, pensate al calcio. Tutti si sentono degli allenatori sopraffini, anche se non hanno mai più dato un calcio a un pallone da quando avevano 8 anni, nel parchetto sotto casa.

Il compagno, purtroppo spesso indissolubile, del confirmation bias è l’Effetto Dunning-Kruger: chi sa poco di un argomento si crede più esperto di chi ne sa moltissimo. E anche il bandwagon bias, che ci porta a considerare veritiero ciò che è accettato e dato per buono dalla maggioranza, da un alto numero di persone.

Se sono in tanti a pensarla in un modo, certamente non si sbagliano, ci dice questo schema mentale. E su questo io ho, invece, moltissime riserve.

Ecco perché l’opinione pubblica passa dall’essere composta in modo massivo da fini economisti, e poi allenatori di calcio, e poi virologi, e poi esperti di diritto internazionale… 

L’altro esempio che vi voglio fare lo avete sicuramente provato in prima persona molte volte, e i professionisti del marketing e digital marketing… ci sguazzano. 

Prendiamo una decisione d’acquisto non immediata come lo shopping compulsivo ma più di programmazione a medio termine, come prenotare un weekend fuori porta su una piattaforma online.

Sicuramente inizierete attivando il Sistema 2, quello analitico, per valutare la distanza dai luoghi d’interesse, il prezzo, le recensioni di altri utenti… ma appena individuata una shortlist tramite questi filtri di ricerca, si attiverà di sicuro il Sistema 2, a causa di alcune piccole “trappole” disseminate nel portale. 

“Resta solo 1 camera a questa tariffa”: una piccola scritta in rosso, vicino alla stanza di uno dei tanti alberghi simili che hai salvato. Non è il più bello né quello con il voto più alto però ehi, RESTA SOLO UNA CAMERA! Quindi, bisogna essere veloci, non farselo soffiare da sotto il naso, è una grande offerta: non volete essere l’ultimo cliente a beneficiarne?

Avete cliccare su “Prenota” e vi hanno già bloccato l’importo della prenotazione sulla carta di credito, alla fine non avete nemmeno guardato se aveva la cancellazione gratuita o il pagamento immediato. 

Siate clementi con voi stessi: è lo scarcity bias, il bias della scarsità. È un retaggio antropologico, che ci portiamo dietro dai tempi dell’uomo delle caverne: se ce n’è poco e se c’è poco tempo per ponderare, lo devo avere, ora, subito, prima che le condizioni cambino, prima che inizi una carestia, prima che una tigre dai denti a sciabola mi divori.

Come non farsi fregare dai bias: la consapevolezza

Ora, messi giù così, è difficile non giudicarli male questi bias. Kahneman stesso diceva che l’unico modo per salvarsi dai danni che queste scorciatoie mentali possono provocare è sapere che esistono e riuscire a identificare i pattern, gli schemi illusori che il nostro cervello utilizza. A non fidarsi, quindi, delle prime impressioni, dei preconcetti, dell’istinto che istinto non è.

Ma non vanno demonizzati del tutto, appunto, sono radicati nel nostro modo di funzionare e servono al nostro cervello per evitare il sovraccarico.