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Non sono una persona formale né seriosa – seria, forse, ma non seriosa: tendo a dare del “tu” a tutti, subito, dallo stagista di 22 anni all’amministratore delegato di 70, il che a volte è un po’ troppo diretto come approccio per chi ama l’etichetta. Allo stesso modo, non sono una purista della divisa da “business”, anzi, devo sempre aggiungere un tocco rock’n’roll al mio outfit e ho più abbigliamento sportivo che capi eleganti nell’armadio.

Scherzi a parte, ci sono però alcune cattive abitudini che non mi vanno giù relativamente alla comunicazione per imprese e delle imprese

Piccoli gesti di “maleducazione digitale”, canali utilizzati nel modo sbagliato, caption troppo ruspanti, orari insensati. E chi più ne ha, più ne metta. Ecco un breve decalogo di errori da non commettere nella vostra strategia di comunicazione B2B. 

Social “artigianali”: che standing restituite all’esterno?

Mi rendo conto che sembra semplice gestire una pagina LinkedIn aziendale. Sembra, in questo caso, è la parola chiave. 

Selezionare le giuste news da condividere, scrivere dei post accattivanti ma con un tono di voce che si adatti ai valori aziendali, abbinarci media o grafiche di buon livello, non sono attività che si possono relegare ai ritagli di tempo. 

Lasciar gestire la propria vetrina su LinkedIn, perché di questo si tratta, al più giovane membro del team che non è stato in nessun modo formato sulla cultura aziendale oppure affidarla direttamente alle mani del proprietario della PMI, che la utilizza come se fosse un profilo personale, infarcendola di opinioni soggettive e foto sgranate, sono entrambi errori. E questi errori possono portare a un output grossolano, che rischia di crearne un vero danno d’immagine all’azienda. 

Il Blog non è un diario personale 

Allo stesso modo, per quanto sia godibile leggere testi scritti in modo semplice e fluido, che rendono fruibili anche gli argomenti più ostici, è bene ricordare che un Blog aziendale deve basarsi su un Piano Editoriale strutturato – studiato a tavolino per definire argomenti, temi, stagionalità e frequenze – e non essere lasciato all’estro del momento. 

Perché, va bene la spontaneità, ma si finirà quasi certamente a pubblicare in modo estemporaneo, non continuativo, e a mescolare toni, stili, flussi di coscienza, persino emoji – sì, emoji! – in maniera molto poco autorevole. Con buona pace sia dei lettori che dei motori di ricerca. 

Comunicati stampa fiume e mailing list in CCN, anche no

Qui spezzo una lancia a favore degli amici giornalisti, che ricevono centinaia di comunicati stampa ogni giorno e, in quella pletora di parole, devo riuscire a dirimere l’interessante dall’autocelebrativo.

A mio avviso, è finita l’era delle cartelle stampa di 7 pagine: la sintesi è un grande dono nell’esposizione di una notizia, così come la capacità di essere fattuali, di fornire dati ed esprimere concetti significativi.

Inviare un comunicato stampa breve, che poi il giornalista potrà decidere di espandere indagando con domande ad hoc, è sicuramente una buona prassi. Così come – nel limite del possibile – coltivare relazioni reali, inviando le giuste news ai gusti interlocutori, personalmente, anziché limitarsi ad invii-fiume a lunghe liste di undisclosed recipients in CCN. 

Comunicazione per imprese e reciprocità: siamo tutti utenti di qualcun altro

Potrei proseguire, citando siti web in cui la UX rende farraginoso e antipatico l’iter di registrazione, oppure newsletter che arrivano puntualmente nella casella di posta di utenti ripetutamente disiscritti perché non si gestiscono bene i consensi e gli unsubscribe dagli strumenti di e-mail marketing, oppure ancora richieste di informazioni e commenti lasciati sotto ai post Social privi di qualsivoglia risposta da parte delle aziende… 

Di esempi ce ne sono tanti ma, credo, la legge fondamentale sia una sola, anche abbastanza semplice. Il rispetto.

Quello fatto di buonsenso e di reciprocità, dare qualità se poi si pretende qualità, dare attenzione se si vuole attenzione. 

Il rispetto per se stessi e per l’utente, il lettore, il cliente. 

Il rispetto per i consumatori e i fruitori dei servizi della nostra impresa, che meritano trasparenza e verità, oltre a un servizio di assistenza più che decente. 

Il rispetto per la privacy e per le sacrosante regole del permission marketing.

Anche perché, volenti o nolenti, siamo tutti utenti di qualcun altro.

Che lavoriamo nel B2C o nel B2B, finiremo tutti nel “mirino” di un’altra impresa. E se ci scoccia, da utenti, attendere in linea in un eterno call center quando abbiamo un problema con un ordine, oppure leggere contenuti inconsistenti quando cerchiamo una notizia online, o trovarci spammati da e-mail a cui non ci siamo mai iscritti beh… cerchiamo noi per primi di non fare lo stesso errore nel comunicare con i nostri clienti e colleghi.